lunedì 29 ottobre 2012

Diario di Viaggio della Francigena anno 2012 - 16 e 17 ottobre

Tratto Bolsena / Viterbo

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Martedì 16 ottobre 2012
Premessa


"Francigena, Francigena", è un pensiero ricorrente nella mente, quasi che dentro me esista una forza interiore che mi sprona a mettermi nuovamente in cammino su questa Via.
Sono trascorsi ben quattro anni dall'ultima volta che ho avuto il piacere di calpestarne i sentieri poi, per vicissitudini varie, non ho più avuto occasione di farlo ancora.
Rappresenta un grande mosaico che si completa tassello dopo tassello ed adesso è arrivato il momento di aggiungerli altri.
Pianifico il percorso, contatto telefonicamente i punti di accoglienza, raccolgo tutti i miei "coccetti" dentro uno zaino e parto.
Questa volta però non in bicicletta ma, bensì, a piedi.
Sono due i motivi che mi hanno indotto a questa scelta. Il primo è che la ciclabilità in alcuni tratti è veramente problematica se non impossibile a causa delle condizioni del terreno (chiaramente mi riferisco a me stesso e cioè un cicloturista medio con bici da trekking e con bagagli al seguito) ma soprattutto perché camminando mi sembra di entrare maggiormente in simbiosi con la moltitudine di Pellegrini che usando i piedi come mezzo di trasporto l'hanno percorsa per millenni prima di me.
Parto anche con la consapevolezza delle problematiche che affliggono il piede sinistro, un piede che dopo l'infortunio in bicicletta del giugno '09 ho trascurato e che certamente lamenterà tutte le sue sofferenze durante il cammino.
Per quello che riguarda il tragitto da seguire ognuno lo può scegliere come meglio crede. Personalmente mi sono affidato ai road book scaricabili dal sito internet Via Francigena - Itinerario culturale del Consiglio d'Europa e che  si rifanno ai percorsi individuati dal Comitato Scientifico della Consulta degli itinerari storici culturali e religiosi ufficializzato il 13 novembre del 2009 ai quali ho aggiunto delle informazioni tratte dalla lettura di alcuni libri.
In Cammino.

I bollettini meteo è meglio non ascoltarli perché la loro attendibilità è sempre scarsa ma nonostante ciò hanno il potere di metterti in agitazione quando sono previsti temporali e precipitazioni di forte intensità; nel mio caso non si fanno eccezioni.

Verso la Collegiata di Santa Cristina
Per i giorni programmati per il cammino sembrava che il diluvio dovesse sommergere il Lazio intero ma fortunatamente e a dispetto di tutte le previsioni annunciate, la mattina del 16 ottobre parto dal mio paese con un bel sole tiepido che mi accompagnerà sino all'agriturismo "Dolce Vita" dove i gestori, oramai diventati amici, sono disponibili a custodirmi la vettura e il mio Cammino inizia proprio da quel punto.
Sono circa 5 i chilometri che mi separano dalla Collegiata di Santa Cristina e che percorro in parte su carrarecce interne "cariche" di una Natura rigogliosa e incontaminata e in parte sulla Cassia e nelle vie della cittadina.

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Martedì 16 ottobre 2012
Tratto Bolsena - Montefiascone

  
Riprendo il Cammino francigeno dal punto in cui l'avevo terminato nell'ottobre del 2008 ed è veramente emozionante trovarmi di fronte alla Basilica di Santa Cristina nuovamente in veste di Pellegrino.
Sembra che il tempo si sia fermato a quel giorno lontano perché vivo le stesse sensazioni, le stesse emozioni, gli stessi sentimenti.
Le uniche diversità sono il timbro posto su un quadrato della credenziale adesso più piccolo rispetto al precedente e di colore nero e la mancanza di Spirit, la mia bicicletta.

Superata Porta Romana transito su alcune stradine del borgo che indirizzano nella parte interna dove l'asfalto lascia il posto alla terra battuta e ampi paesaggi di campagna con le loro coltivazioni e greggi al pascolo si uniscono a incantevoli viste sul lago in lontananza. 
La campagna oltre a farmi respirare aria fresca e profumata e ad ascoltarne i silenzi rigeneranti, mi riserva anche simpatici incontri; il tutto fa parte di una realtà quotidianità serena e tranquilla che il centro urbano, con il suo inquinamento ambientale, i rumori, lo stress degli orari e la "fretta di fare", ha definitivamente perduto.
Lentamente proseguo fino ad arrivare al fontanile Vena dopodiché alla mia sinistra ampi spazi di colore verde intenso ospitano filari di olivi che, da qui in avanti, saranno una visione costante per tutto il viaggio.
Finora il cammino si è svolto in completa solitudine e rimango perplesso quando, improvvisamente,  mi trovo davanti una struttura ricettiva "Meridiano 12" di cui ne ignoravo l'esistenza.
Adriana, la titolare, è molto ospitale ed anche se il punto di ristoro è chiuso in questo periodo mi invita comunque a visitarlo e mi offre un caffè. Tra una chiacchiera e l'altra risalta il problema della cattiva manutenzione dei sentieri della Francigena. Ha ragione, nel tratto precedente ho benedetto la mia decisione di non aver scelto la bici per questo cammino; il sentiero infatti era completamente scavato, pieno di buche ed ostacoli vari e con attenzione riuscivo a camminare in una stretta lingua di terra aiutandomi con il bastoncino perché il bordo franava (e fortunatamente non pioveva come previsto...).
Qualche foto, un saluto e il cammino riprende.
Al sesto chilometro incrocio una strada asfaltata che mi condurrà al Bosco di Turona e per la prima volta, quanta grazia, è posta la cartellonistica "ufficiale" comunale -Via Francigena-. Dopo ben sei chilometri, un record...
Precedentemente, nonostante il road book dettagliato che mi ero studiato, ci sono stati dei tratti in cui senza le tante indicazioni "non ufficiali" del lavoro dei tanti Pellegrini che di loro spontanea volontà e in silenzio hanno indicato la Via segnalando i punti più importanti e critici, l'orientamento sarebbe stato alquanto problematico. Un ringraziamento sentito e di tutto cuore a questi viandanti per il loro encomiabile lavoro che rende il cammino più sicuro e agevole.
Le segnalazioni "spontanee" che si trovano lungo i sentieri consistono in una -F- di colore rosso con ai lati un rettangolo bianco da una parte e una freccia bianca dall'altra, frecce direzionali di colore rosso oppure una "bandierina" rosso-bianco-rosso con pitturato in nero un Pellegrino nell'area bianca o, più raramente, la scritta VF. Questo per un Pellegrino diretto verso Roma; per quello diretto verso nord le indicazioni sono di colore giallo. Inoltre ho notato numerosissime fascette rettangolari plastificate e adesive di colore rosso e bianco con l'effige del Pellegrino in nero applicate dalla guida escursionistica Pietro Labate che, in seguito, mi darà ospitalità nella sua abitazione una volta giunto a Viterbo.
Dopo il rifornimento di acqua freschissima che sgorga dalla fonte della sorgente di Turona di nuovo l'emozione di trovarmi di fronte alla chiesetta della Madonna di Turona. La prima volta che conobbi questo luogo fu nel 2006 quando vagabondai per qualche giorno per le strade dell'Alta Tuscia con la mia bicicletta.
La Madonnina è sempre lì, bella, bellissima, con tanti omaggi lasciati da tutti coloro che sono transitati da Lei. 
Un messaggio, una preghiera, una carezza,
qualche foto e il cammino riprende.
Dopo aver guadato  il Fosso dell'Arlena non senza difficoltà a causa delle pietre bagnate e viscide, sul sentiero che mi sta indirizzando verso Montefiascone iniziano i primi affioramenti del basolato romano, la vecchia Cassia Antica o Consolare.
Il basolato si fa più consistente poco oltre e quello che sorprende è il perfetto stato di conservazione segno di una accurata e precisa ingegneristica e manualità costruttiva del tempo che fu. 
Il cammino prosegue in completa solitudine tra carrarecce e sterrati, campi di olivi, coltivazioni varie e natura spontanea, tra greggi al pascolo e animali bradi, tra silenzi e profumi: tutto è veramente molto bello e suggestivo e mi fa assaporare sensazioni che è difficile trascrivere a parole.
Per contro, come avevo immaginato, il piede sinistro è dolorante, l'appoggio è problematico e per alleviare in parte il dolore sposto il carico sul piede e sulla gamba destra. Ma è una reazione a catena che con il passare dei chilometri diventa deleteria per entrambi gli arti inferiori. Ne approfitto allora per riposarmi un poco in un bel campo erboso a pochi chilometri da Montefiascone.
Dopo tanto camminare in solitudine tra i silenzi di una natura incontaminata di cui ne ho respirato forte i profumi, la netta contraddizione di ritrovarsi nel traffico e nel caos della Cassia è a dir poco traumatica.
Claudicante raggiungo la Basilica di S. Flaviano di cui resto affascinato per il particolare stile costruttivo della facciata, per i dipinti murali interni, per i -corridoi- superiori l'altare; sembra di trovarsi in uno scenario medioevale di qualche castello più che in un luogo di culto. Sul lato sinistro sono presenti tre cappelle ed in una di queste è sepolto il tedesco Defuk, colui che morì per aver bevuto troppo vino moscatello (Est! Est!! Est!!!) e sinceramente non capisco il perché della sepoltura dentro una chiesa.
Sono stanco e dolorante per cui rimando la visita alla Rocca dei Papi e alla Torre del Pellegrino alla giornata di domani preferendo recarmi nel luogo di accoglienza, la chiesa del Corpus Domini e per raggiungerla devo percorrere ancora due chilometri circa a ritroso.

Don Giuseppe, il parroco, è molto gentile e cordiale e la sua ospitalità povera lo è altrettanto. Confidenziale e "alla mano" mi mette subito a mio agio.
La stanza dove alloggerò per la notte è semplice come colui che l'ha messa a disposizione.
Dopo una bella doccia con acqua fredda (si era dimenticato di accendere lo scaldabagno) la fatica scompare ma non il dolore al piede sinistro e quelli ad entrambi gli arti inferiori a causa dell'appoggio scorretto con conseguente postura sbagliata; lo avevo messo in preventivo.
Cinque metri di corda sono sempre utili e in questo caso servono a stendere i vestiti usati per il cammino che sono umidi; a seguire una bella cenetta a base di penne con olio e formaggio che mi cucino con il mio fornello concludono una bella giornata di cammino sulla Via Francigena.
Prima di coricarmi una riflessione sull'esperienza odierna, qualche appunto sul diario dopodiché una sbirciata al libro degli ospiti con i messaggi lasciati dai Pellegrini che sono transitati qui ed anch'io contribuisco.
Dentro il sacco a pelo sopra il materassino e il divano sono veramente comodo ma la notte sarà praticamente insonne, con un susseguirsi di dormiveglia dovute al "tormento" del piede e delle gambe; domani sarà un'altra giornata.


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Mercoledì 17 ottobre 2012
Tratto Montefiascone - Viterbo

Aria fresca e sole tiepido a Montefiascone quando esco dalla stanza nella quale ho trascorso la notte.
Sono già pronto per riprendere il cammino non prima di aver stretto la mano a Don Giuseppe e averlo nuovamente ringraziato per l'ospitalità, poi sulla Cassia per raggiungere ancora la Basilica di San Flaviano dove avevo terminato ieri.
Le gambe stanno meglio, il piede è già un pò dolorante e ho camminato solo per due chilometri; speriamo bene, Viterbo è lontano.
Tra la basilica e la statua di Padre Pio alla sua sinistra la strada in salita mi porta all'ingresso di Porta Maggiore o del Borgo e poi ancora in salita per qualche centinaio di metri nel centro storico.
Rimango affascinato nell'ammirare la Rocca dei Papi e la Torre del Pellegrino dal giardino antistante. Il cancello di accesso alle strutture è aperto e, anche se ancora non è orario di visita, ne approfitto per addentrarmi un poco all'interno per osservare ancora più da vicino; ci sono anche altri interessanti reperti e scavi.
La tentazione di salire le scale per arrivare alla sommità della Torre è tanta ma non voglio approfittare oltre per cui esco e mi "limito" ad osservare il panorama che si gode dal giardino che apre scenari immensi sul lago che è visibile in tutta la sua estensione. 
La cupola della basilica di Santa Margherita è così grande e vicina che quasi sembra di toccarla con le dita. Volevo visitarla ma sono costretto a gestire un piede sofferente, i suoi sforzi, i suoi dolori.
Scendo.
 
Una breve sosta dove le rovine della Chiesa della Madonna del Riposo e poi ancora giù in discesa ripida tra le indicazioni "ufficiali" e quelle poste dai Pellegrini che indicano il proseguo della Via.
Natura, tanta Natura bella e rigogliosa intorno a me e con tante coltivazioni di olivi, uva, kiwi e tanti animali. Profumi, silenzi, momenti per riflettere, brevi conversazioni e cenni di saluto con le rare persone che incontro.
Tutto è così bello e coinvolgente...
Giunto di fronte ad una edicola mariana i lastroni della Cassia Antica indicano la direzione da seguire.
Da questo punto in avanti il basolato si estenderà ininterrottamente e a più riprese per centinaia e centinaia di metri consecutivamente ed il suo stato di conservazione è stupefacente nonostante i suoi duemila anni. La tecnica costruttiva prevedeva, una volta individuata la direzione della strada con l'edificazione dei margini, lo scavo del terreno all'interno dei margini stessi dove in seguito erano posizionate delle grandi pietre che costituivano le fondamenta. Sopra queste venivano gettati degli strati di malta, pietrisco, sabbia e pozzolana mescolati tra loro. Da ultimo si posavano le basole che avrebbero formato il "pavimentum". I lastroni si incastravano fortemente negli strati grazie alla particolare forma a cuneo della parte inferiore.
Proseguo sulle basole quasi in punta di piedi come se avessi timore di sciuparle. Quanti Pellegrini, Viandanti, Mercanti, Legionari, ruote di carri le hanno solcate prima di me e quanta storia potrebbero raccontare queste pietre se solo potessero parlare. Percepisco l'energia di chi mi ha preceduto insinuarsi dentro me ed io, come loro, continuo il mio cammino lentamente ed in loro ideale compagnia.
Intanto la Via si inoltra nel bosco. Vengo distolto dai miei pensieri quando scorgo sul bordo della strada una discarica abusiva fatta di ruote di bicicletta, pezzi di ferro arrugginiti, contenitori in plastica e vecchi stivali in gomma rotti. L'inciviltà ha profanato anche questi luoghi che invece dovrebbero rimanere immacolati per sempre; peccato. 
Fortunatamente è un evento isolato. Il cammino infatti prosegue sul basolato spesso costeggiato da stupende aree verdi colme di olivi.
Improvvisamente il terreno diventa di difficile percorrenza subito dopo aver attraversato la ferrovia dal sottopassaggio.
La strada è una poltiglia di fango e melma con ampie pozze di acqua fangosa prodotte dal transito dei trattori dei quali sono evidenti le tracce dei pneumatici.
Provo a camminare sul campo alla sinistra che è più asciutto ma le zolle sono "mollicce" e le scarpe affondano con un effetto tipo sabbie mobili. Decido quindi di proseguire sulla strada principale tenendomi il più vicino possibile al margine erboso che è più consistente aiutandomi con il bastone. Ancora una volta benedico la scelta di non aver portato la bicicletta.
Intanto alle mie spalle Montefiascone è sempre più lontana.
Tra campi coltivati e natura spontanea arrivo in  prossimità di un casale disabitato che mi sembra il posto adatto per una sosta; ho bisogno di rifocillarmi e di far riposare il piede dolorante. Il sole è tiepido ma il vento è fresco, il terrazzino in muratura di fronte l'ingresso superiore mi offre protezione. 
Le sorgenti termali di Bagnaccio sono colme di turisti, dentro le vasche i bagnanti si rilassano immersi nell'acqua rigenerante. La tentazione di fermarmi è tanta ma preferisco proseguire oltre; fermarsi è facile, riprendere più difficile.
Sto camminando su un lungo rettilineo che sembra non avere mai fine e mi rendo conto di non godere più del paesaggio che mi circonda. Sono infastidito dal rumore continuo e assordante di tre elicotteri militari che stanno compiendo delle esercitazioni e innervosito dal dolore al piede che si trasmette ad entrambe le gambe a causa della postura scorretta e che non riesco più a controllare.
Zoppicando mi siedo sopra un grosso masso. Per poco tempo però perché questo tratto francigeno non mi piace come i precedenti e non vedo l'ora di arrivare a Viterbo per terminare il cammino odierno.
I restanti chilometri che mi separano da Piazza del Plebiscito, circa sei, non sono per nulla emozionanti, anzi. Il tratto che conduce al cimitero del capoluogo è lugubre, le classiche aree di periferia abbandonate a se stesse dove tutto è sporco e disordinato dopodiché la notevole mole di traffico della Cassia oltre al rumore vanifica in parte quanto di buono ho respirato dalla natura precedente.
Devo fare molta attenzione quando attraverso la rotonda di Piazza dei Caduti dell'Aviazione e dell'Esercito; i veicoli sbucano da tutte le parti ed io non posso muovermi velocemente.
Anche in questo tratto urbano noto la continuazione dell'opera dei Pellegrini con le -F- e le frecce rosse pitturate sui bordi dei marciapiedi; sui pali della luce e su quelli della segnaletica verticale, invece, sono presenti le fascette bianche e rosse.
Attraversata Porta Fiorentina approfitto della prima panchina che trovo per distendere il piede che è dolorante, molto.
Ancora qualche centinaio di metri e, finalmente Piazza del Plebiscito dove qualche scatto fotografico è d'obbligo e, nel contempo, contatto telefonicamente l'amico Pietro Labate.
Ci incontriamo qualche minuto dopo. Gentile e cordiale, una stretta di mano forte, mi ospita dentro la sua abitazione. L'ambiente dove trascorrerò la notte è molto suggestivo, praticamente è una specie di grotta scavata nella roccia; il letto una brandina di quelle usate l'estate per abbronzarsi sulla spiaggia. Lui e la sua compagna abitano al piano superiore.
Pietro deve uscire per degli impegni ed io rimango a casa sua da solo, grazie per la fiducia.
Avevo proprio bisogno di una bella doccia rigenerante e di indossare abiti asciutti e puliti. Nel frattempo faccio conoscenza con la sua compagna che è rientrata a casa. Ci presentiamo, uno scambio di battute poi, discretamente, mi ritiro nella -grotta-.
Lei, molto gentilmente, mi invita a cenare insieme a loro e, addirittura, mi domanda se ho qualche preferenza per il cibo. Quando si dice Ospitalità con la "O" maiuscola. "Grazie, volentieri" rispondo.
Pietro ritorna qualche minuto dopo e mi invita a salire per stare insieme. Chiacchieriamo a lungo poi una bella zuppa calda, saporita, piena di verdure, liquidi, vitamine e minerali ci voleva proprio.
Il televisore è spento ed un sottofondo musicale accompagna l'atto del cenare infondendo un'atmosfera serena e tranquilla.
Più tardi, nella -grotta-, scrivo due righe sul libro degli ospiti come forma di ringraziamento ma che non rispecchiano assolutamente la squisita ospitalità che mi è stata riservata.
La notte sarà lunga ed insonne, il piede è un "tormento" continuo e le gambe altrettanto.


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Giovedì 18 ottobre 2012


E' ancora buio quando esco da casa, Pietro e la sua compagna stanno ancora dormendo e non ho modo di salutarli.
Mi incammino verso la vicina Piazza del Plebiscito ma non continuerò la Francigena in direzione Vetralla come programmato; il piede non regge ed anzi si è anche un poco gonfiato. Continuare risulterebbe deleterio e forse contribuirebbe ad aggravare una patologia già di per se stesso critica. Con la morte nel cuore rinuncio a proseguire il mio cammino e mi indirizzo verso la vicina stazione dei bus per raggiungere Bolsena. Credo di aver preso una saggia decisione.
Pazienza sarà per la prossima volta, comunque sia sono contento e soddisfatto per tutto ciò che ho vissuto in questi due giorni di cammino francigeno, per le sensazioni provate, per ciò che ho visto e conosciuto, per ciò che ho imparato.
Chiaramente dopo chilometri e chilometri vissuti in completa solitudine immerso nella Natura più profonda  , l'impatto con il centro urbano risulta alquanto traumatico, con tutto l'inquinamento acustico che ne deriva e con la netta la percezione dei gas di scarico che aleggiano nell'aria e questo è l'unico seppur grande neo.

Buen camino a todos.... Amedeo










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